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Risoluzione ramo d'azienda: cos'è e come funziona?

Cos'è la risoluzione di un contratto di ramo d'azienda?


La risoluzione del contratto di ramo d'azienda si riferisce alla cessazione di un accordo stipulato per il trasferimento o la gestione di un ramo d'azienda, che può avvenire sia in caso di affitto che di cessione.


Nel contratto di affitto di ramo d'azienda, una entità autonoma dell'azienda viene concessa in gestione a un terzo per un periodo determinato, dietro pagamento di un canone. La risoluzione, in questo caso, comporta la restituzione del ramo al proprietario, il quale deve riceverlo nelle condizioni previste dal contratto. La risoluzione può avvenire per inadempimenti come il mancato pagamento del canone o la cattiva gestione del ramo.


La cessione del ramo d'azienda consiste, al contrario, nel trasferimento definitivo della proprietà del ramo. La risoluzione in questo caso è più complessa, poiché comporta il ritorno del ramo al cedente, spesso accompagnato da richieste di risarcimento per eventuali danni o perdite economiche.


Si tratta di una differenza di non poco conto, in considerazione del fatto che l’affitto è temporaneo e non comporta un trasferimento definitivo della proprietà, mentre la cessione determina un passaggio definitivo dei diritti. In entrambi i casi, la risoluzione deve essere gestita secondo le clausole contrattuali e le normative vigenti, così da tutelare gli interessi delle parti coinvolte.


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Risoluzione di un contratto d'affitto di ramo d'azienda


Il contratto di affitto di un'azienda o di un suo ramo consente all'affittuario di utilizzare non soltanto un immobile ma anche i beni dell'impresa passibili di generare reddito e utili. In sostanza, attraverso questo contratto, l'affittuario ottiene il trasferimento, a titolo temporaneo, del diritto di godimento dell'azienda, a fronte del pagamento di un canone concordato tra le parti.


Ma come avviene la risoluzione del contratto di affitto di ramo d'azienda? Si tratta di una questione importante, anche alla luce del fatto che, spesso, questa tipologia di contratto viene assimilata al contratto di locazione per uso commerciale. In realtà, proprio sotto il profilo della rescissione, si configurano dinamiche operative completamente differenti.


Chi ha concesso in affitto un locale adibito ad uso commerciale può, in caso di inadempienza dell'affittuario, avviare la procedura di sfratto per morosità. Si tratta di un'operazione anche abbastanza veloce, attraverso la quale l'immobile torna nuovamente nella disponibilità del locatore.


Molto più complessa è, invece, la questione quando si parla del contratto di affitto di un'intera azienda o di un suo ramo. Il codice di procedura civile, infatti, nel disciplinare i procedimenti per la convalida dello sfratto, non fa alcun riferimento agli affitti d'azienda o di rami di essa.


Pertanto, al concedente non rimane altra strada che agire in base a quanto stabilito dall'articolo 1453 del codice civile, secondo cui, in presenza di un contratto a prestazioni corrispettive, l'inadempimento in materia di obbligazioni di uno dei due contraenti pone l'altro nelle condizioni di presentare richiesta di adempimento o, in alternativa, la risoluzione contrattuale.


In parole semplici, ciò si traduce nella necessità di adire le vie legali, citando in giudizio il soggetto inadempiente. L'aspetto controverso e, per certi versi, contraddittorio di questa soluzione è che, in attesa che la giustizia faccia il proprio corso, l'affittuario potrebbe persistere nelle inadempienze e, al contempo, continuare ad usufruire dell'azienda o di un suo ramo. Da non sottovalutare nemmeno il rischio di accumulo di debiti da parte dell'inadempiente, situazione che potrebbe addirittura arrivare a compromettere, nei casi più gravi, l'esistenza stessa dell'azienda.


Ci sono, però, alcune strade che è possibile percorrere per provare ad abbreviare i tempi o, comunque, per evitare ricadute potenzialmente molto negative sul ramo d'azienda. La prima è il sequestro giudiziario, la seconda è una richiesta di provvedimento d'urgenza. Qualora sia necessario procedere alla gestione temporanea di un'azienda, il giudice potrebbe disporre il sequestro giudiziario per poi nominare un custode. Al sequestro dovrà necessariamente far seguito l'introduzione di un giudizio di merito entro i termini indicati nel provvedimento cautelare che verrà emesso dal giudice. Anche in questo caso, le criticità riguardano i tempi di attesa del giudizio ordinario, oltre ai costi di custodia che potrebbero anche essere alti.


Si può richiedere un provvedimento d'urgenza qualora si ritiene che l'azienda possa subire danni irreparabili nel periodo che intercorre tra l'avvio del procedimento ordinario e la sua risoluzione definitiva. In sostanza, il provvedimento d'urgenza appare lo strumento più idoneo a consentire al proprietario del ramo d'azienda di ottenerne in breve tempo la restituzione e di ripristinare pienamente le funzionalità e l'operatività.


Ci si chiede anche se sia necessario l'intervento del notaio ai fini della validità della risoluzione di un contratto di affitto di ramo d'azienda. Tutto dipende dalle modalità attraverso le quali è stato stipulato l'originario contratto di affitto. La legge impone che, per risolvere anticipatamente un contratto d'affitto di ramo d'azienda, vada adoperata la stessa forma dell'atto originario. Se l'atto originario è stato stipulato davanti al notaio bisognerà fare lo stesso anche per la risoluzione anticipata del contratto.


Risoluzione di un contratto di cessione di ramo d'azienda


Un contratto di cessione di ramo d'azienda presuppone un trasferimento che, per definizione, dovrebbe essere definitivo. Eppure, vi sono circostanze in cui le parti possono chiederne la risoluzione. La situazione più frequente riguarda il caso in cui il cessionario, cioè il soggetto che ha acquistato il ramo d'azienda, sia inadempiente nei confronti del cedente.


In sostanza, ci riferiamo alla circostanza in cui il cessionario non provveda al pagamento dell'importo concordato per l'acquisto del ramo d'azienda. Potrebbe, infatti, capitare che le parti abbiano concordato un pagamento dilazionato e, dunque, non perfezionato totalmente all'atto della cessione. L'inadempienza pone, senza dubbio, il cedente nella possibilità di chiedere, per via giudiziaria, la risoluzione del contratto. Bisognerà, però, anche in questo caso attendere la pronuncia del giudice.

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